martedì 4 settembre 2007

Napoli ai piedi di Lavezzi



NAPOLI - Tutti pazzi per Lavezzi. Già, pazzi perchè a Napoli da anni aspettavano di vedere all’opera un calciatore simile: sfrontato, devastante, imprevedibi­le. Le prodezze di Udine hanno mandato in visibilio soprattutto i più giovani, coloro che non ebbero mo­do di seguire le gesta di Maradona.
Ma anche i meno giovani ora sognano di mettere in crisi le grandi del cam­pionato con quell’argentino tutto fin­te e dribbling, scatti e assist, gol e magie.

BENIAMINO
- Sono bastate due parti­te, una di Coppa Italia con il Pisa ed un’altra a Udine, per consacrare un nuovo beniamino venuto dall’Argen­tina, esattamente da Rosario, trecen­to chilometri a nord di Buenos Aires.
Due partite, quattro gol. Lavezzi ha sfoderato il suo repertorio appena Reja l’ha sguinzagliato per il campo senza dargli compiti specifici se non quelli di fare da guastatore tra le li­nee: da destra a sinistra, sulla tre­quarti come in area di rigore. Lavez­zi deve sentirsi libero di esprimere il suo talento, sfruttare l’istinto e finalizzarlo per la squadra.
Ed ora il pericolo che l’eccesso di entusiasmo, op­pure qualche paragone eccessivo possa frenarne l’ascesa non preoccupa più di tanto De Laurentiis e Marino. «
Il ragazzo ha personalità, sensibilità, vo­glia di arrivare. Anzi, appena finito il ritiro precam­pionato è stato lui a chiedere una dieta particolare per raggiungere presto il peso forma. Eppure non era affatto sovrappeso come poteva sembrare. Lavezzi ha buona massa muscolare per quello è anche poten­te nello scatto e nei contrasti» , commenta con orgo­glio Pierpaolo Marino che l’ha voluto a Napoli dopo un lungo e meticoloso lavoro di intelligence.
LA TRATTATIVA
- « Non sapete quanto lavoro c’è sta­to dietro questa trattativa - racconta il direttore ge­nerale del Napoli - Eravamo sulle sue tracce da di­cembre. Avevamo individuato in lui il giocatore che potesse incantare la folla del San Paolo e regalare al­la squadra quella fantasia che le era mancata in fa­se offensiva negli anni precendenti. Prima è andato in avanscoperta Jorge Cyterzpiller, l’ex manager di Maradona mio amico già dai tempi dell’Udinese. Ha allacciato lui i contatti con i dirigenti del San Loren­zo. Poi, ha fatto il resto Ramon Diaz che volli ad Avel­lino dopo l’esperienza napoletana: l’ha spinto verso Napoli raccontandogli della città e del calore dei ti­fosi. E quando la concorrenza è diventata spietata con un’offerta dello Spartak Mosca di dieci milioni di euro, Lavezzi ha det­to di no preferendo venire da noi».
I PROVINI
- Marino parla con orgo­glio di Ezequiel Lavezzi, classe ‘ 85, che a diciassette anni aveva abban­donato il calcio per fare l’elettricista non riuscendo a coronare il sogno di giocare nel Rosario Central Club, la squadra della sua provincia natale e di cui è talmente tifoso da portare lo stemma tatuato sul petto. Qualcuno gli parlò dell’Italia da dove erano par­titi i suoi antenati. Lo accompagnaro­no ad un provino alla Fermana del presidente Battaglioni. Scartato. Poi, due anni anni dopo scommise su di lui il Genoa. Prima lo parcheggiò al San Lorenzo, poi lo fece arrivare in Liguria. Due settimane e via perchè intanto il Grifo­ne era stato mandato in C1 dalla giustizia sportiva. Ritornato al San Lorenzo sfonda con la maglia nume­ro 10, quella dei grandi. Viene convocato in Naziona­le ma non per la Coppa America. Lo cerca il River Plate. Sarebbe disposto a versare 5 milioni di euro, una cifra enorme da quelle parti. Ma Diaz si oppone: « Il Pocho vale più di 20 milioni di euro », disse l’ex at­taccante
di Napoli ed Avellino.

LA CHIAMATA
- Riecco l’ennesima chiamata dall’Ita­lia. Stavolta quella giusta, dalla patria di Maradona, da quella tifoseria che non aspettava altro che ab­bracciare un nuovo profeta. « Vai lì e non ti pentirai» , gli consigliò Diaz. Sei milioni di euro al San Loren­zo, più di cinquecentomila euro a lui per cinque an­ni, il Pampa a fargli da guida e un presidente pron­to ad entusiasmarsi ad ogni suo scatto, ad ogni drib­bling e ad ogni gol. A Napoli ormai è esplosa la La­vezzimania, ma niente paragoni con il passato per carità.
Il dirigente azzurro orgoglioso: «Era lui l’uomo giusto per questa piazza, Diaz l’ha spinto da noi» La Fermana lo aveva scartato, il Genoa finì in C1 e lo mandò via Ma giocare in Italia era nel suo destino
tratto da corrieredellosport.it

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